Le temperature stanno cambiando. Lentamente e soprattutto molto più tardi di quanto ci aspettassimo. Abbiamo avuto una fine estate molto calda e un autunno che, finora, si è dimostrato essere il periodo più “estivo” degli ultimi due secoli.
Potrà sembrare banale oppure un semplice scherzo del meteo, tuttavia la variazione climatica è un problema che ne porta moltissimi altri a valanga: le colture non sono fruttuose come sperato, gli animali adottano comportamenti anomali sorpresi da un clima che altera radicalmente la loro routine, batteri e virus che circolano in misura diversa o maggiore della media, eccetera eccetera.
Anche dal punto di vista psicologico i cambiamenti climatici giocano un ruolo fondamentale, proprio perché turbano un’aspettativa consolidata e richiedono cambiamenti nelle abitudini quotidiane.
Mi sono imbattuto spesso, in queste settimane, in persone insofferenti a questo caldo anomalo e a ciò che ne consegue, come la necessità di vestirsi in modo adeguato per non essere colti impreparati di fronte a caldi o freddi improvvisi. Qui ho capito che certe variazioni su uno standard ben rodato possono diventare un problema non tanto per i suoi effetti pratici, quanto per l’aspettativa psicologica degli eventi. Il nostro cervello è una macchina tanto perfetta quanto abitudinaria, questo significa che il suo funzionamento è basato sulla capacità di effettuare proiezioni sugli eventi futuri. Quelle proiezioni sono previsioni, speranze, ambizioni, sicurezze o altro. Di qualsiasi tipologia siano, parliamo comunque di ipotesi sul futuro per quali si nutre una forma di certezza. Le abitudini sono costruite su questo e come esseri umani siamo molto affezionati ad esse. Proprio per questo anche durante l’anno ci aspettiamo che le stagioni mostrino le proprie caratteristiche nei tempi e modi cui siamo abituati. Attenzione, le aspettative non c’entrano nulla con la volontà o col gradimento. Non è qualcosa che riguarda, per rimanere nell’esempio, solo coloro che amano l’autunno. Anche chi lo detesta avrà la medesima aspettativa sul fatto che, diciamo da metà settembre in poi, la stagione autunnale arriverà con tutto ciò che ne consegue.
Chi legge si chiederà: perché dissertare riga dopo riga sul meteo e sulle aspettative delle persone a riguardo?
Perché in realtà non stiamo parlando di meteo, bensì di cambiamento.
E il cambiamento è qualcosa che viviamo anche in azienda sotto forma di dinamiche diverse. Quello che mi interessa particolarmente in questo momento è il cambiamento inteso come aspettativa. Esattamente come l’arrivo dell’inverno.
Quando facciamo un investimento importante, o cambiamo la linea produttiva per migliorarla, o ancora introduciamo nuove persone nell’organico aziendale, ci aspettiamo che le cose vadano meglio.
In sostanza, creiamo una aspettativa.
L’esempio più classico è quello della campagna pubblicitaria: investiamo denaro, creiamo una campagna di comunicazione corretta, la pubblichiamo e poi attendiamo i risultati. La prospettiva è quella di realizzare il traguardo prefissato dalla campagna, come l’acquisizione di nuovi clienti oppure l’aumento della reputazione online.
Allo stesso modo, quando introduciamo un nuovo prodotto nella nostra gamma, il goal è quello di incrementare le vendite e quindi il fatturato.
In entrambi i casi, come per molti altri contesti similari, ci troviamo di fronte a delle aspettative che succedono a un’azione precisa e che vengono descritte da sfere numeriche. Le sfere numeriche sono la percentuale delle vendite, per esempio, ma anche la data previsionale sulla quale puntiamo e entro la quale ci aspettiamo di vedere realizzata la nostra prospettiva.
Un po’ come l’autunno, che immaginiamo arrivi esattamente quando il ciclo delle stagioni ci suggerisce che arriverà.
…Poi però arrivano anni caldi come questo, e tutto cambia.
Nel business, può accadere che una campagna pubblicitaria non performi come previsto, o non realizzi i numeri ipotizzati nei tempi in cui avevamo progettato che accadesse. Questo può accadere per molti motivi, se abbiamo agito sui social dovremmo sapere che – per esempio – gli algoritmi che regolano i flussi dei contenuti cambia molto spesso, e con esso il focus di attenzione del pubblico.
Nell’offline lo stesso può avvenire per motivi assolutamente diversi, attraverso variabili che descrivono reazioni del pubblico che non potevamo in nessun modo prevedere.
Richiamando l’esempio del nuovo prodotto da inserire in gamma, invece, è possibile che l’incremento delle vendite sperato non abbia luogo perché magari il lancio non è stato abbastanza efficace, o il prodotto stesso si “perde” all’interno del catalogo perché non gode della giusta rilevanza o del prezzo più adeguato.
Insomma, i motivi per cui le cose possono andare diversamente da quanto progettato sono davvero tanti, e un buon imprenditore deve essere sempre preparato a tutti gli scenari. Deve esistere un piano a, quello nel quale le cose seguono il binario che abbiamo previsto, e poi una serie di piani b dove gli scenari sono diversi e tutti ampiamente messi in conto.
Soprattutto, dobbiamo fare i conti con tempistiche nella maggior parte dei casi diverse da quelle ottimali, tendenzialmente più dilatate per “n” ragioni. I ritardi sono le cause maggiori di valutazioni sbagliate, ci sono azioni di marketing che premiano l’azienda mesi dopo le previsioni ma i cui effetti non vengono sfruttati perché il progetto era già stato accantonato ed etichettato come “fallito”.
Non facciamo questo errore, e teniamo il cappotto sempre a portata di mano.
Perché l’aria fresca e pungente dell’autunno, prima o poi, arriva sempre.