Chiarisco subito: no, non intendo parlare di politica, di partiti e di cosa votare o non votare nelle imminenti elezioni italiane.
Come saprai, cerco sempre di creare contenuti che possano essere fruibili nel tempo e la situazione politica tende a non essere così “durevole” di solito.
Quello che mi interessa delle elezioni è il clima che si innesca nella popolazione quando si avvicina il momento di votare.
Esistono logiche intramontabili che si ripetono ogni volta, crisi dopo crisi, campagna elettorale dopo campagna elettorale.
In queste logiche ho isolato quelle che ritengo essere tre dinamiche principali: l’attendismo, l’inquietudine e la polarizzazione.
L’attendismo. Gli schemi sociali, compresi quelli commerciali, vivono una fasendi “stasi” durante il periodo pre-elezioni. È come se tutto si fermasse in un momento vago, nell’attesa che si risolva in una soluzione che sarà il nuovo governo. Una forma di immobilismo, se vogliamo. Come se poi, soprattutto nell’economia reale, partendo proprio dalle micro-imprese, i cambi al vertice costituissero cambiamenti talmente radicali da suggerire di muoversi con parsimonia nei mesi direttamente precedenti.
L’inquietudine. Questa è già una dinamica più comprensibile. Nel periodo precedente alla formazione di un nuovo governo, la popolazione tende ad essere inquieta. L’inquietudine è dettata dall’incertezza, un sentimento scomodo con cui le persone fanno fatica a convivere. Tutti noi abbiamo bisogno di punti fermi nella nostra vita e, arrivo a dire, non importa se quei punti fermi siano in linea con il nostro modo di pensare o meno. È importante che ci siano, prima di tutto. Se saranno coerenti con le nostre idee tanto meglio, ma non è fondamentale.
L’incertezza a sua volta è foraggiata dalla paura. Paura che le cose possano andare male, nella misura in cui la campagna elettorale del proprio partito preferito si concentra sull’enfatizzare le “catastrofi imminenti” qualora vincessero gli avversari. Questo attecchisce nella mente delle persone e fermenta giorno dopo giorno.
La polarizzazione. Questo è un effetto davvero affascinante. In tempo di elezioni le campagne dei vari esponenti mostrano i propri programmi e innescano una dinamica ricorsiva, nel senso che ripeteranno ed enfatizzeranno i vari punti fino allo scadere della campagna. Questo genera una naturale polarizzazione delle persone, che tenderanno a schierarsi per una o l’altra fazione, spesso anche solo per contrastare – all’interno dell’ovvio dibattito politico – coloro che la pensano in maniera radicalmente diversa. In qualche modo quest’ultimo punto, la polarizzazione, è il vero “motore” che spinge le persone ad andare a votare, perché concretizza le posizioni e le rende più chiare.
Ma cosa c’entra tutto questo con i mercati finanziari, col business e con l’imprenditoria di cui parliamo abitualmente? Ti chiederai…
C’entra perché curiosamente l’attendismo, l’inquietudine e la polarizzazione sono tre scenari tipici all’interno della vita di un’azienda, ove l’uno è funzionale all’altro pur non essendo tutti “positivi” ai fini del successo aziendale.
L’attendismo per esempio è una dinamica in cui moltissimi imprenditori si imbattono nel momento in cui sta per avere luogo un importante cambiamento in azienda, che può essere un contratto importante, l’apertura di una nuova sede, un cambio tra i vertici dirigenziali o altro.
Anche qui però questa reazione, perfettamente naturale, rischia di diventare deleteria per la stabilità dell’impresa, che ricordo deve essere sempre tutelata rispetto ai cambiamenti interni. Un’azienda è giustamente un continuo mutamento misto a innovazione, non può però essere in balia di queste variazioni nella sua continuità di servizio offerto ai clienti. In sintesi: il mondo non può fermarsi, e nemmeno il fatturato, nell’attesa del completamento di un progetto innovativo.
L’inquietudine in termini aziendali è connessa all’attendismo nella misura in cui ogni battuta d’arresto dell’impresa vive il suo reflusso tra i dipendenti. L’immobilismo di un’impresa spaventa chi vi lavora all’interno e che spesso non conosce i movimenti dei “piani alti”. Questa paura si propaga e scaturisce dibattiti e congetture. Le congetture diventano convinzioni nel giro di poco tempo e da lì in avanti diventa molto più difficile gestire le proprie risorse interne. Una situazione davvero poco augurabile per qualsiasi imprenditore.
La polarizzazione, infine, è una dinamica interessante perché a differenza delle prime due, se trasferita sul piano aziendale, ha perfettamente senso ed è anzi auspicabile.
Ogni impresa contiene un messaggio, e quel messaggio è la promessa di marketing ai propri clienti. Tale promessa contiene una serie di ideali, valori e convinzioni che l’azienda possiede e che cerca di trasferire ai suoi clienti, come è giusto che sia.
È importante, proprio dal punto di vista della comunicazione verso l’esterno, che il proprio messaggio sia polarizzante, che in qualche modo possa essere “divisivo” seppur non nel senso negativo del termine. Trovo sano per esempio che le aziende alimentari migliori puntino sul distinguersi da quelle più “opache” (e ci mancherebbe), così come le società di servizi puntino sulla loro efficienza rispetto alle lungaggini e la scarsa competenza di altri player del proprio settore.
Ognuno di noi ha bisogno di qualcuno per cui “tifare”, che faccia le cose nel modo giusto e nel modo in cui lo faremmo noi. Quando i clienti della nostra azienda scoprono che siamo noi quelli da “tifare”, saranno consumatori più soddisfatti e l’azienda godrà dei giusti vantaggi di questa prosperità.
Al prossimo appuntamento.