Mi rendo conto che parlare una volta di calcio su un blog imprenditoriale sia inusuale, ma farlo due volte sia addirittura irrealistico.
E, forse, del tutto fuori luogo.
Eppure una piccola riflessione mi impone di tornare sull’argomento, e lo faccio chiudendo un cerchio che idealmente avevo aperto con l’inizio dei mondiali di calcio in Qatar, di cui avevo parlato alcune settimane fa proprio a ridosso della cerimonia di inaugurazione.
A poco più di ventiquattro ore dalla cerimonia di chiusura, invece, mi trovo a pensare ad alcuni aspetti di questo mondiale che meritano una breve riflessione.
Stavolta però non parlerò del mondiale nel suo complesso, come evento e come fenomeno “trascinatore” dell’attenzione popolare.
In questo caso desidero focalizzarmi soltanto su un singolo evento: la finale Francia – Argentina andata ieri in scena con la vittoria, come tutti sappiamo, della compagine sudamericana.
Il concetto è questo: due grandi squadre, l’una certamente leader negli ultimi anni in Europa e l’altra tra le selezioni di punta del continente americano (da sempre, ma specialmente in questi anni come forse non accadeva dai tempi del grande Maradona), si sfidano per aggiudicarsi la vittoria finale nel trofeo per nazioni più prestigioso del mondo del calcio.
Già questo “plot” genera il film praticamente da sé.
Come se non bastasse, tra le formazioni di entrambe le squadre figurano alcuni fra i giocatori migliori dei tempi attuali. In special modo in attacco, da una parte la “leggenda”, il veterano Lionel Messi (già più volte pallone d’oro e vincitore di qualsiasi competizione il calcio preveda) e dall’altra il giovane Kyllian Mbappe’, non più “promessa” delle giovanili d’Oltralpe ma campione conclamato dalla bravura fuori scala, a soli 23 anni. Il prossimo uomo dei record, sembra dire il suo orizzonte da predestinato.
Due compagini perfettamente a loro agio nella finale mondiale e tanti talenti in campo, un mix per la partita perfetta che in effetti è stata, dicono, tra le più belle finali mondiali che si siano mai disputate.
Per pura cronaca, le squadre si sono “rincorse” a suon di gol per l’intero tempo regolamentare e per quello supplementare, risolvendo la gara solo ai calci di rigore finali che hanno decretato la vittoria dell’Argentina.
A leggerla così, una partita il cui equilibrio è stato spezzato solo dalla lotteria dei rigori.
Ai fatti, però, non è andata esattamente così. Chi ha visto il match avrà infatti notato il quasi totale dominio argentino per gran parte dei novanta minuti regolamentari, nonché di quelli supplementari.
Nonostante un risultato più volte ripristinato in parità dai colleghi francesi, la percezione quasi unanime è stata quella di una superiorità sudamericana sul piano del gioco e, in qualche modo, su quello del “merito”.
Se fosse stata boxe, insomma, ai punti avrebbe vinto l’Argentina sempre.
Considerazione che fa il paio con un percorso, quello dell’albiceleste, di tutto rispetto lungo tutto l’arco della competizione.
Vittoria cristallina e meritata quindi.
La domanda è: qual è stato il segreto della squadra neo-campionessa mondiale. Ce ne sarebbero molti io credo, e non certo la persona più competente per esprimere giudizi in tal senso.
Quel che è certo però è che una delle componenti principali che hanno consentito all’Argentina di imporsi in tutto il torneo e soprattutto battere la corazzata francese, è stata la capacità di essere squadra.
L’Argentina non è mai stata i suoi giocatori di punta. È sempre stata squadra, dal primo dei titolari all’ultimo dei panchinari. Un bel gioco sviluppato coralmente al fine di raggiungere, insieme, gli obiettivi più ambiziosi.
Obiettivi che poi di fatto sono stati raggiunti.
Tutto questo non ti dice niente? Immagino e spero di sì!
Nel mondo imprenditoriale la capacità di fare squadra è tutto. Non basta avere figure professionali di prim’ordine all’interno dell’organico.
Non è sufficiente avere ottimi venditori, grandi marketer, bravissimi spedizionieri o amministrativi puntuali.
È fondamentale che ci sia valore in tutta queste figure e che tutte possano cooperare serenamente e con profitto.
È fondamentale che remino tutte nella stessa direzione, che è quella del successo collettivo.
È fondamentale che abbiano l’inclinazione all’aiuto dell’altro, al miglioramento della condizione lavorativa dell’altro, esattamente come un argentino che, per passare il pallone al compagno, cerca per lui la linea di passaggio migliore e più comoda possibile.
Il lavoro di team è essenziale per il raggiungimento di un obiettivo perché la bravura dei singoli, per quanto fuori scala, resterà esattamente questo: una bravura singola.
Un singolo può ammalarsi, assentarsi, vivere momenti difficili. L’azienda in questo senso non può dipendere da singole figure “determinanti” perché altrimenti rischia di diventarne schiava, di perdere parte della sua scalabilità, di privarsi di potenzialità di crescita ben più ampie.
È il sistema che deve funzionare, non il singolo. Perché il singolo può cambiare lavoro, diventare meno collaborativo, perdere focus. Mentre il sistema no.
Il sistema è la garanzia che l’azienda funzionerà sempre, a prescindere dalla rotazione dei singoli.
Che è un po’ quello che è successo all’Argentina, sempre vittoriosa prescindendo da chi fosse in campo.
Certo, per vincere servono i campioni così come nell’azienda per raggiungere un risultato servono figure competenti.
Quello è il compito dell’allenatore. O, nel mondo del lavoro, dell’imprenditore.
Avere occhio per le figure professionali migliori è una qualità non da poco per un titolare d’azienda, un dettaglio che fa tutta la differenza del mondo.
Hai queste caratteristiche? Buon per te, sei già un passo avanti.
Ora non resta che creare delle procedure di coesistenza e cooperazione del team, e sarai a un solo passo dalla vetta.
Forza!