Leggo ogni giorno diversi quotidiani nazionali. Per esigenza e comodità la maggior parte nella versione online, anche se di tanto in tanto non riesco a resistere al fascino del cartaceo, soprattutto se capito davanti a un’edicola. In quei frangenti acquisto la mia copia anche se di quello stesso giornale posseggo un abbonamento digitale.
Proprio qualche giorno fa mi è capitato di comprare un quotidiano e, sfogliando l’interno, mi sono imbattuto in un bell’articolo sulla scuola, le prospettive dopo il percorso accademico, le varie specializzazioni e le tendenze dei giovani di quest’epoca etc.
Prescindendo dal contenuto dell’articolo, assolutamente dettagliato e anche interessante, la parte che mi ha colpito di più è la riflessione che c’era a monte: i giovani, oggi, cercano una nuova partenza.
Non una continuità, una partenza.
Vedete, le generazioni che hanno preceduto le ultime, chi più chi meno, sono sempre state perfettamente bilanciate fra coloro che hanno intrapreso nuove carriere e altri che hanno proseguito le orme dei propri parenti, o percorso strade battute già da moltissime altre persone.
I posti fissi, o i lavori canonici, sono di fatto sentieri conosciuti che le persone, ogni vent’anni, ciclicamente sono tornate a percorrere.
Almeno fino a qualche anno fa.
Oggi, stando a quanto afferma l’articolo (ma mi sento di concordare) i ragazzi iniziano a fare scelte diverse.
Quali? Beh per esempio concretizzano, e monetizzano, lavori che un tempo nemmeno esistevano, come quelli legati ai social e alla divulgazione, sempre più focalizzata, fatta attraverso questi canali.
Inoltre sembra incrementarsi di molto il lavoro autonomo in generale, l’apertura – o almeno la volontà, stando ai sondaggi – di nuove aziende tese a risolvere in modo nuovo e più specifico vecchie e nuove esigenze della popolazione.
Esiste un filone davvero solido di persone per così dire “disruptive”, che scelgono con coscienza di spezzare i paradigmi del passato e affacciarsi al mondo del lavoro con nuove prospettive e uno spirito di propositività come non si vedeva dai precedenti boom economici.
Trovo questo scenario estremamente confortante, perché al di là degli esiti (che conosceremo solo fra vent’anni) dimostra che l’intraprendenza non è morta sotto il peso della noia e della passività (come molti affermano), ma torna al centro delle idee dei ragazzi e delle ragazze in Italia e non solo.
Inoltre lo trovo confortante perché il progetto IGS, il Metodo IOI e tutto quello su cui ho basato il mio lavoro in questi anni punta esattamente a questo: partire in modo nuovo, creare il proprio mondo professionale su misura delle proprie esigenze e allo stesso tempo a servizio delle esigenze dei colleghi, dei clienti, dei collaboratori.
Credo fortemente che sia il momento giusto per rifondare un mondo imprenditoriale nuovo, basato su principi etici sostenibili che non vadano in contrasto, ma anzi favoriscano la prosperità dell’economia.
E credo soprattutto che questa “nuova primavera professionale” non riguardi soltanto i giovani e più in generale coloro che si affacceranno concretamente al mondo del lavoro solo nel prossimo futuro, ma riguardi anche quelli che imprenditori lo sono già, che hanno aziende già avviate o che stanno partendo con un progetto nuovo individualmente o a seguito di un passaggio di consegne ben progettato.
Non è una partenza, forse, ma è senz’altro una ripartenza, che ai fini del rinnovamento e del consolidamento di principi validi e sostenibili è certamente la stessa cosa.
Sono certo ci sia grande speranza per il futuro, ed è importante che sia chiaro che parliamo del futuro di tutti, dove ad essere protagonisti saranno i giovani, le nuove leve, ma anche chi è già avanti nel percorso ma vive con lo stesso spirito di iniziativa di chi di anni ne ha molti di meno.
Perché sotto molti punti di vista siamo in tantissimi, nel mondo delle aziende, ad essere giovani. A prescindere dalla carta di identità.