La Pasqua è appena passata, e come ogni anno questo è per me un momento di rinnovamento e conferme, rinascite e, se vogliamo, nuovi propositi. Le ricorrenze, prescindendo dalla loro accezione religiosa, hanno questo effetto: fungono un po’ da spartiacque.
Nel lavoro questa cosa ha un riverbero pratico: al pari di tutte le feste, già molti giorni prima diventa ricorrente il mantra “aggiorniamoci dopo Pasqua”.
Fa sorridere, lo so, ma è l’indicatore perfetto di come le festività vengano percepite come una pausa profonda, che rimanda le riflessioni a un momento molto precedente o molto successivo alle stesse.
Che sia un modo per chiarirsi le idee?
Abbraccio volentieri questa interpretazione, io stesso cerco di fare tesoro dei momenti di “stacco” per rimettere ordine alle priorità e, proprio come la Pasqua insegna, “rinascere” professionalmente nei progetti che cerco di portare avanti.
Stavolta però vorrei focalizzarmi su un aspetto tutto particolare della Pasqua, che non riguarda in realtà la domenica in cui ricorre bensì il suo diretto correlato: il lunedì di Pasquetta.
La Pasquetta è un evento particolarmente atteso nel nostro Paese. Nata come naturale prolungamento della Pasqua e sancita nel secondo Dopoguerra, la giornata del lunedì viene interamente dedicata alle attività che tradizionalmente non si ha modo di fare e in particolare modo la si dedica alle gite fuori porta.
La tradizione delle scampagnate viene da lontano, è probabilmente legata alla cultura religiosa e nel tempo si è consolidata tra le routine festive degli italiani.
Chi può, organizza felici barbecue con gli amici o escursioni nelle aree lontane dalla città, approfittando magari della benevolenza di un meteo non sempre clemente!
I grandi parchi intorno alle metropoli si riempiono, e così gli agriturismi e le strutture ricettive all’aria aperta. Gli italiani invadono le autostrade per raggiungere le principali mete escursionistiche e, chi può, sfrutta il weekend lungo per organizzare una piccola vacanza dentro e fuori dai confini nazionali.
Prescindendo dagli ovvi disagi legati al traffico e poco altro, la percezione è quella di un generale entusiasmo delle persone rispetto alla Pasquetta, a testimonianza sostanzialmente di due cose che ci tengo a focalizzare.
Numero uno: il tempo passato con i propri cari non è mai abbastanza, non è mai sprecato, non è mai secondo al tempo impiegato in qualsiasi altro modo. Gli affetti sono la cosa più importante che abbiamo, coltivarli e trascorrere con loro del tempo di qualità è fondamentale per il nostro e il loro benessere, nonché l’unico modo per collezionare dolci ricordi che ci terranno compagnia per tutta la vita, soprattutto nei momenti più bui.
Numero due: il tempo per svolgere attività diverse dal lavoro esiste, è sempre esistito ed esisterà sempre. Bisogna solo saperlo organizzare.
A chi legge forse sembrerà strano che a fare un discorso del genere sia un imprenditore, uno che, di base, produce contenuti legati al business e al modo corretto di fare impresa.
Eppure è fondamentale capire che il tempo dello svago è importante anche per il lavoro stesso.
È un po’ come il giorno di riposo per chi si allena in palestra con costanza. Per quanto tu possa essere un professionista del fitness è fondamentale budgettare del tempo che non sia dedicato all’allenamento ma al riposo. Durante il riposo i muscoli si ricostruiscono, si potenziano, crescono in quantità e qualità.
In poche parole i veri effetti di un buon allenamento si generano proprio nei giorni in cui non ti alleni.
Può sembrare un paradosso eppure è la realtà.
Ecco, per un professionista il concetto è praticamente lo stesso. Ne abbiamo parlato più volte, in Italia c’è una cultura completamente errata del lavoro, una forma mentis che prevede un focus quasi esclusivo sull’operatività standard e molto poco sulla fascia di tempo che sarebbe opportuno riservare ad altre attività.
Insisto: un imprenditore che riesce a suddividersi tra vita lavorativa e vita privata è un imprenditore migliore, più lucido e più equilibrato.
La Pasquetta? Un esempio lampante del fattore che organizzare meglio il proprio tempo è possibile, che ritagliarsi uno spazio per una gita non è assurdo, non è folle e non implicherà necessariamente un danno irreparabile alla nostra azienda.
Basta saper organizzare, istruire, comunicare e delegare.
A volte, aggiungo, è banalmente solo un problema di fiducia. Dobbiamo imparare a fidarci dei nostri collaboratori e confidare che, con opportuna preparazione, ognuno di loro sia perfettamente in grado di mandare avanti in azienda in nostra assenza.
E soprattutto, è fondamentale che noi imprenditori per primi impariamo la “suprema arte” del saper delegare, dismettendo la convinzione tossica che la nostra presenza sia fondamentale oltre ogni ragionevole alternativa.
Alla prossima.