Nel calcio si chiama “fine primo tempo”. In molti altri sport, “Time out”.
Qualche anno fa, per permettere agli atleti degli sport all’aperto di rinfrescarsi durante le giornate più afose, è stato introdotto il cosiddetto “Cooling Break”.
Stiamo parlando di pause, momenti di sospensione declinati in vari modi e funzionali a scopi diversi. Ma pur sempre pause.
I momenti in cui le attività vengono congelate sono importantissimi e, al di là dell’esempio iniziale, non solo nello sport.
Molto spesso nella vita siamo presi da un numero infinito di attività, di problemi, di questioni da risolverle, e l’unica cosa che ci sembra avere senso è fermarci un attimo. Respirare. Pensare.
Credo fortemente nel valore della pausa nella misura in cui spesso la soluzione a un problema arriva proprio quando sospendiamo il nostro sforzo nel risolverlo.
I personal trainer professano costantemente l’importanza di alternare giorni di riposo a quelli di esercizio intenso. Non lo fanno a caso, bensì perché nei giorni di stop il muscolo “processa” le sollecitazioni dei giorni precedenti. E cresce. Si potrebbe dire che la vera attività fisica il nostro corpo la faccia proprio nei giorni in cui non andiamo in palestra.
Trovo che nel mondo dell’imprenditoria funzioni esattamente allo stesso modo.
Quello dell’imprenditore è infatti un ruolo che sollecita se stesso costantemente. A differenza di un allenamento fisico, però, le sollecitazioni dell’imprenditore sono prevalentemente mentali. Il titolare è colui che prende le decisioni, che parla con i collaboratori, che elabora nuovi progetti e, spesso, gestisce le trattative più importanti.
Molte volte questi scenari tendono ad accavallarsi e a presentarsi tutti con lo stesso livello di priorità, mandando in crisi l’imprenditore che a quel punto è chiamato a uno sforzo fuori scala per rimanere al passo con tutte le incombenze.
Purtroppo però la fretta e il sacrificio superiore alla media sono fattori che tendono a nuocere alle decisioni.
Si è poco lucidi, e questo è sempre un male.
Al di là delle grandi decisioni, la pressione delle incombenze lede anche all’operatività quotidiana: non si è abbastanza concentrati per svolgere nel modo giusto le attività del giorno, perché il cervello tende a suddividere la propria attenzione fra ciò che sta facendo e ciò che non sta facendo ma che meriterebbe la sua attenzione. Se è vero che da una parte c’è un tema disciplina, ossia la capacità di filtrare le priorità e convogliare il focus soltanto su ciò che si sta facendo in un determinato momento, è vero anche che questo non sempre è possibile, soprattutto quando lo stress, l’ansia e gli eventi minano la nostra capacità di gestire la situazione.
Per questa ragione in certi contesti c’è solo una cosa da fare: prendersi una pausa.
Alcune delle mie migliori idee, sono arrivate nei momenti di break, nelle ore, o nei giorni, in cui ho deciso di rallentare il ritmo e permettere al cervello di spaziare e “respirare”.
I benefici di questa attività, o se vogliamo di questa “sospensione” di attività sono innumerevoli e ingiustamente poco approfonditi (c’è sempre la narrativa secondo la quale un buon imprenditore non possa e non debba fermarsi mai, concetto sbagliatissimo alla radice).
La mente nei momenti di scarico di stress crea nuovi collegamenti, segue strade inesplorate, genera associazioni di idee inedite e, spessissimo, fornisce in breve tempo soluzioni a problemi sui quali siamo stati concentrati per mesi.
È qualcosa che attiene alla sfera biologica, non è semplicemente una casualità.
Il nostro corpo ha dei limiti che spesso il ruolo di imprenditori tende a voler superare. Essere un titolare di impresa è qualcosa che stressa costantemente le nostre capacità fisiche e in questo senso imparare a dosarsi diventa un’arma fondamentale per mantenere inalterata l’efficacia delle nostre decisioni.
C’è poi un discorso legato all’alternanza degli stimoli, e su questo desidero fare una piccola digressione e chiedere a chi legge: qual è la ragione che ti ha spinto a fare l’imprenditore? Perché hai scelto di fondare, o comunque dirigere un’impresa e hai scartato, per esempio, l’ipotesi di essere un dipendente, di lavorare nelle aziende di altri, di legarti a realtà diverse da quelle che vivi ora lavorativamente parlando?
Capisco possa essere una domanda complessa e sono certo che ognuno, leggendo, avrà pensato dentro di sé alla sua personale risposta. Credo però che al netto delle specifiche ragioni di ognuno di noi ci sia un filo comune invisibile che unisce tutti quelli che fanno questo lavoro: la variabilità.
Essere un imprenditore significa in qualche modo poter tracciare autonomamente il proprio destino e poter ambire a successi sempre più alti. Questo significa che il destino di un imprenditore è tecnicamente variabile, può migliorare insieme alla crescita dell’impresa oppure no, può andare in una direzione oppure in un’altra in funzione degli eventi, delle decisioni, del mercato.
Non che gli altri mestieri non prevedano una certa variabilità intrinseca essi stesso, ma certamente l’imprenditoria ha nell’imprevisto la sua caratteristica principale.
Quel che è importante chiedersi quindi è: perché se abbiamo capito di essere persone che rendono di più lavorando in un ambito così vario, così denso di stimoli diversi, talvolta ci riduciamo a un “appiattimento” di quegli stessi stimoli inseguendo il nostro lavoro un problema dopo l’altro?
La risposta è sempre la stessa: bisogna correre ai ripari ripristinando, a beneficio della nostra mente, quell’alternanza di stimoli che spesso solo una pausa ben progettata può dare.
E mi raccomando, bando ai sensi di colpa, perché nei momenti in cui ci riposiamo nella stragrande maggioranza dei casi lavoriamo molto di più.