Confesso che, per scrivere l’articolo di questa settimana, ho preso spunto da un breve post pubblicato sui miei canali social qualche giorno fa (a proposito, se non mi segui ti invito a farlo, trovi i link alla fine dell’articolo).
Nel post affrontavo un tema che trovo importante, quello della responsabilità. Per farlo ho preso spunto da una famosa frase di Obama estrapolata da un vecchio comizio, nel quale diceva: “Mi rifiuto di lasciare ai miei figli un debito che non potranno ripagare”.
Ora, prescindendo dal tema di fondo del discorso, quello che trovo davvero basilare è il concetto di responsabilità e mi sono reso conto che il mio post non poteva racchiudere a pieno un pensiero strutturato a riguardo.
Vedi, la responsabilità di fatto è un bel problema. È una di quelle cose che non ti fa dormire la notte.
Se sei un imprenditore probabilmente sperimenti questa sensazione sulla tua pelle ogni giorno: sei consapevole che qualsiasi tua decisione o azione avrà delle conseguenze dirette sul tuo lavoro e soprattutto sulle persone che collaborano con te.
Dietro un’impresa ci sono infatti i suoi dipendenti, che a loro volta hanno famiglie, figlie, mutui da pagare, progetti iniziati basandosi proprio sul fatto che lavorano per te, per l’azienda che tu hai creato/ereditato.
Cosa succederebbe domani se tu prendessi una decisione sbagliata? Se quel prodotto su cui hai deciso di puntare riscuotesse meno successo del previsto? Se la campagna su cui hai investito un bel capitale si rivelasse inefficace?
Magari dovresti prendere delle contromisure, fare dei tagli, non rinnovare – a malincuore – dei contratti o, peggio ancora, chiuderne alcuni esistenti.
Sono scelte dolorose che nessun buon imprenditore vorrebbe mai fare, anche se a volte, purtroppo, sono necessarie.
Ecco, pensando a questo ho riflettuto su cosa volesse dire davvero “responsabilità”, perché messa in questi termini verrebbe da dire: “la responsabilità di un titolare è quella che ha verso il destino economico, e quindi il benessere, dei propri dipendenti”.
Vero. Ma anche falso.
Pensandoci bene in realtà il problema non è quello anzi, per meglio dire, dovrebbe essere un altro e spesso l’errore di un imprenditore è proprio pensare che la responsabilità assoluta sia verso i propri dipendenti.
Pensando questo, paradossalmente, è esattamente ai dipendenti che si crea un danno.
Perché?
Perché in realtà il titolare ha una sola e unica responsabilità: la sua stessa azienda.
Ogni azione, ogni decisione, calcolo o strategia deve essere orientata a un unico obiettivo: il successo dell’azienda, la sua crescita, conquistare quote maggiori di mercato, massimizzare il life time value dei clienti attivi, recuperare quelli più datati etc etc
Non c’è nulla, assolutamente nulla, che un titolare debba fare che non sia basato su questa ambizione.
La sua responsabilità è quindi la crescita dell’impresa. Solo la crescita dell’impresa.
Potrà sembrare un discorso fino troppo pragmatico, freddo, che non tiene conto delle dinamiche umane e dei bisogni delle persone, invece posso assicurarti che è esattamente l’opposto: essere coscienti della responsabilità che si ha verso la propria azienda, e dunque della necessità di fare il suo bene incondizionatamente, è l’unico modo per favorire il benessere dei dipendenti che vi lavorano e garantire loro sempre maggiore serenità e stabilità.
È un po’ come le raccomandazioni che leggiamo sugli aerei prima di decollare. Fra le indicazioni ce n’è una che riguarda l’eventualità in cui sia necessario indossare la maschera dell’ossigeno.
Nelle illustrazioni si specifica a chiare lettere che, se siamo genitori di un bimbo che viaggia con noi, è essenziale che indossiamo la mascherina per primi e poi, solo poi, aiutiamo i nostri figli a indossare la loro.
Sembra qualcosa di malsano, di sbagliato, vero? Eppure è corretto, e la ragione è molto semplice. Nostro figlio piccolo dipende interamente da noi. La sua sopravvivenza è determinata dalla nostra capacità di prenderci cura di lui, soprattutto durante un evento drammatico e unico nel suo genere come un incidente aereo.
Ma se non saremo celeri nell’indossare la maschera in una fase di carenza d’ossigeno, è possibile che sverremo.
E se perderemo i sensi, non potremo più aiutare nostro figlio non solo a indossare la mascherina, ma anche a svolgere tutte le azioni successive che l’evento richiederà.
In pratica indossare la maschera per primi non è un atto di egoismo ma, al contrario, di estremo altruismo.
Per aiutare qualcuno dobbiamo stare bene, altrimenti non saremo d’aiuto per nessuno.
Per garantire ai nostri dipendenti che potranno continuare a progettare, crescere, pagare il mutuo, finanziare gli studi dei propri figli, dobbiamo far funzionare l’azienda. Il bene per il singolo è un evento breve che lascia il tempo che trova.
Il bene per l’azienda è un evento a lungo termine di cui godranno tutti.
Ed è bene che non ce lo dimentichiamo mai, se vogliamo essere degli imprenditori responsabili.